Storia del Pio Istituto Elemosiniere di Venzone

Pio Istituto Elemosiniere di Venzone
sette secoli di autonomia amministrativa (1306-2006)

Le note storiche qui raccolte si fondano principalmente sulla relazione di Pietro Ferrario, segretario del P.I.E. di Venzone, pubblicata nel 1882 a Udine dalla tipografia Bardusco.

La storia del P.I.E. di Venzone principia poco dopo la metà del XIII secolo quando un certo Albertone Dal Colle, con testamento del 4 settembre 1261, alla Reggenza del neo Comune di Venzone guidata all’epoca dal Gastaldo Artuico insediato da Glizoio di Mels, lascia tutte le sue “robbe”, “fornimenti” ed “bezzi”, perché venga acquistata una casa e dei terreni per soccorrere anziani e fanciulli poveri. Non conosciamo il valore complessivo del lascito che doveva essere ingente se consideriamo l’entità dei beni acquistati; sul donatore – a parte il nome e cognome – sappiamo soltanto quanto di lui riferisce il Ferrario, che lo definisce “ricco di censo e di bontà”. Non disponendo dell’atto testamentario originale, il Ferrario si limita a riportare quanto avrà rilevato su taluni atti successivi, vale a dire ricopiature dell’atto da parte di altri notai o richiami statutari in talune delibere. Trattasi di atti a noi, finora, non pervenuti. Un personaggio coevo e omonimo ha attratto la mia attenzione di recente. Si tratta del vescovo di Concordia Alberto de Colle, Vicedomino patriarcale resosi protagonista di analoga donazione a Cividale appena due anni prima, e che alcuni anni più tardi sarà assassinato su istigazione dell’altro Vicedomino patriarcale, il conte Mainardo di Gorizia.

A questa prima consistente donazione ne seguirono altre due, in particolare di una certa importanza: la prima di Rodolfo di Sigismondo nel 1273 e una seconda da parte di Paolo di Germania nel 1281.

Non desti meraviglia il fatto che taluni benefattori abbiano origine transalpina: a seguito dell’espansione economico-commerciale raggiunta sotto l’egida dei signori Mels, segnata però da ritorsioni di ordine religioso dopo la morte di Glizoio il figlio Guglielmo cercherà di liberarsi dai vincoli patriarcali e passare sotto la protezione dei Conti di Gorizia ma invano.

I patriarchi conoscono bene l’importanza strategica di Venzone e Raimondo della Torre finirà per acquistare dai Mels il feudo di Venzone per poi concederlo temporaneamente al duca di Carinzia che lo affiderà al fratello Alberto conte di Gorizia.

L’istituto viene amministrato per circa trent’anni dalla Reggenza del Comune. Il 12 maggio 1290 la Reggenza affida la direzione del Pio Istituto Elemosiniere a due Priori ed un “Resonato” sui quali esercita il diritto/dovere di sorveglianza. Il Ferrario propende per la tesi che “essendosi accresciuta di importanza l’amministrazione dell’Istituto Elemosiniere, la Reggenza volle sgravarsi nel dubbio di non poter ben corrispondere a ricevuto incarico”.

Questa tesi corrisponde a una parte della realtà. Infatti dal 1260 in poi, in seguito alla predicazione dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore, sostenitore di una esasperata spiritualità con un oltranzismo che superava gli stessi dettami della Chiesa, si inizia anche in Friuli un vero movimento mistico, che sostiene la necessità di una penitenza del corpo, fino alla flagellazione, quale mezzo per placare l’ira divina. Questo movimento mistico con il tempo, tuttavia, si acquieta nel suo furore religioso: alla convulsione sociale e religiosa segue la fondazione di nuove istituzioni congregative che alla mortificazione corporale preferiscono opere materiali e morali di beneficenza. Così alle prime confraternite dei Flagellanti e dei Disciplinati, si vanno sostituendo altre “Società”, “Scole”, “Fraterne”, “Fraglie” o “Fragede di Battuti” e di “Scovatori” che sono i prodromi di una mutualità “ante litteram” e divengono ovunque fondatrici di istituti ospedalieri, di case di ricovero, di banchi e di Monti di Pietà (24). Nel 1306, il 2 luglio, anche a Venzone viene istituita la “Frageda” della Beata Vergine Maria alla quale la Reggenza affida la gestione del P.I.E. con facoltà di eleggere, oltre ai due Priori, anche il resto del personale necessario alla gestione dell’Istituto. Da questo momento l’amministrazione della Confraternita non è più soggetta a controllo da parte della Reggenza.

Sono questi tempi di cambiamento nell’assetto istituzionale: al dominio dei Mels si è sostituito quello del duca di Carinzia che, subito, cerca di stabilire la propria autorità finendo poi per scontrarsi con l’autorità patriarcale. Il decentramento gestionale del Pio Istituto, iniziato sotto la gestione dei Mels non solo viene realizzato dalla nuova gestione Ducale Carinziana, ma il distacco tra Comune e Istituto è reso ancor più netto, l’autonomia è sostanziale.

Nel 1325 – anno in cui registriamo la stesura degli Statuti di Venzone – nella prima quindicina di novembre, anche la Frageda della Beata Vergine Maria statuisce nuovi assetti organizzativi mentre, mediante l’istituzione di un Comitato composto da cinquanta Confratelli avente potere deliberativo mentre un secondo Comitato di dieci Confratelli viene affidato il potere esecutivo

Ma l’autonomia piena si rivelerà ingannevole. Osserva il Ferrario: “Queste leggi che dovevano servire di appendice allo Statuto fondamentale dell’Ente erano buone, ma tornava necessario che la reggenza comunale non si fosse spogliata de’ suoi doveri e diritti, onde la Confraternita l’avesse riconosciuta quale vera tutrice, e così ricordandosi di essere amministratrice tutelata, sarebbesi astenuta dai molti arbitri commessi in varie epoche a danno dell’Istituto”.

Avvenne, infatti, che la Confraternita - tra il XVI e XVII secolo - si era fatta talmente potente che arrivò a sostituire il proprio al vero nome dell’Istituto. Questo abuso porterà i benefattori a confondere le due istituzioni facendo sì che le donazioni non si facessero più a favore dell’istituto stesso ma a favore della Confraternita. Anche il Consiglio perderà poco a poco i propri poteri.

Nel 1667 poi, il Consiglio del Pio Istituto decide, in palese contrasto statutario, di donare alle Clarisse la chiesa di S. Maria, i propri locali, dei beni e una somma di danaro. “Questa variazione – scrive la Roberta Micheli – fece si che il monastero fosse poi soppresso dalle leggi napoleoniche con conseguente incameramento da parte dei francesi dei beni dell’istituto.

In seguito Venezia introdusse dei provvedimenti di controllo: a metà del XVIII secolo ordinò un catasto dei beni posseduti e istituì le figure dei “Regionati”, con facoltà ispettive.

Dal 1808, durante l’occupazione napoleonica, l’autonomia dell’Istituto viene drasticamente ridotta. Nella nuova Congregazione di Carità formata da cinque membri (clero e nobiltà) faceva parte in qualità di presidente il Cancelliere del Censo del Distretto.

Non ci fu verso quando si tornò sotto l’amministrazione austriaca, nel 1817, di convincere l’Imperiale Regio Ufficio Fiscale a restituire quanto confiscato dal Demanio. A quel tempo erano già scomparsi i documenti che comprovavano i desideri dei benefattori e gli scopi originari dell’Istituto. Anche sotto il dominio austriaco, dopo un periodo di amministrazione da parte di un direttore stabile, nel 1862 venne ristabilita una parziale autonomia dell’Istituto e così anche dal 1866, con l’avvento della sovranità regia italiana. La Congregazione era sottoposta al controllo della deputazione provinciale che dipendeva dal Ministero dell’Interno; i suoi membri , inoltre, erano eletti dal Consiglio comunale.

Durante i primi anni del Novecento, la Congregazione di Carità allargò le proprie competenze, amministrando, oltre al Pio Istituto Elemosiniere, il locale Asilo infantile (istituito nel 1919), la Casa di ricovero (dal 1925), la Cucina Economica; l’attività principale rimase comunque legata all’Istituto Elemosiniere.

Nel 1937 vengono istituiti gli Enti Comunali di Assistenza, che entreranno a pieno regime soltanto tra il 1941 e il 1942. I cinque membri del Comitato di amministrazione vengono nominati dal Consiglio Comunale. Il segretario comunale è anche segretario dell’E.C.A.

Nel periodo dell’emergenza post sisma 1976, il P.I.E. ha conosciuto prima una fase commissariale, poi il riconoscimento “ope-legis” di IPAB, Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza, e poi dal 2008 l’attuale assetto istituzionale di ASP, Azienda Pubblica di Servizi alla Persona.

 

 

(Estratto dalla relazione di Pietro Bellina preparata per le celebrazioni dei sette secoli di autonomia amministrativa del Pio Istituto Elemosiniere di Venzone (1306-2006) il 30.12.2006, della quale si allega il file pdf della sua versione integrale con tutti i riferimenti e le note bibliografiche Download )

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