Biblioteca - LE DIECI SALE

1a SALA 
IVAN TARDIVELLO
Ivan TardivelloLa sala d’ingresso e accoglienza è intitolata al professor Ivan Tardivello.
Nato nel 1924 intraprende la carriera scolastica prediligendo gli studi pittorici, si diploma all’Istituto d’Arte ai Carmini di Venezia e consegue la specializzazione all’Accademia delle Belle Arti della stessa città.
Divenuto insegnante di Disegno e di Educazione Artistica, insegna alla Scuola Media di Lendinara e, successivamente, a quella di Badia Polesine, dove per molti anni svolge l’incarico di Vice-Preside.
Da sempre coltivò l’impegno culturale per la sua città, fu un appassionato studioso di storia locale e pubblicò numerose opere. Nel 1969, assieme alla preside Marina Guerra, a Don Guido Stocco e Arturo Rossi, fondò la Biblioteca Civica “G.G. Bronziero”. Ben presto s’interessò ai monumenti del suo territorio, nello specifico al Teatro Sociale, all’Abbazia della Vangadizza e all’architettura cittadina. Fondò nel 1968 il Museo A. E. Baruffaldi. Istituì due borse di studio annuali per gli studenti dell’Istituto Professionale “Enzo Bari” di Badia. 
Ivan Tardivello, che ci ha lasciato nel 2005, è stato anche un grande artista, ha amato l’arte nelle sue molteplici espressioni.  Era innamorato del disegno e della pittura. Nelle sue tele si ammirano vedute e scorci paesani, fiori ed elementi della natura, architetture e figure caratteristiche avvolti da trasparenze, chiari scuri, colori e sfumature che ancora oggi regalano emozioni e serenità.


2 a SALA 
MARINA GUERRA
Marina Guerra nasce a Badia Polesine il 9 agosto del 1898, si laurea in Lettere e ben presto intraprende la carriera nella scuola, prima come insegnante di materie umanistiche e poi come Preside. Nell’anno scolastico 1962/1963 ha contribuito
alla fusione della Scuola Media e dell’Avviamento Professionale di Badia Polesine tenendo a battesimo la nascita della Scuola Media Unificata e Obbligatoria. Uno sforzo notevole che ha dato origine ad una nuova realtà istituzionale intitolata a “Gherardo Ghirardini”. La sua passione per la pedagogia e la didattica l’ha tenuta in servizio fino a tarda età.
Nel 1969 con il prof. Ivan Tardivello il preside Arturo Rossi e don Guido
Stocco ha fondato la Biblioteca civica di Badia Polesine e ne è stata la prima direttrice.
Ha pubblicato numerosi testi tra cui:
- Le così dette Rocche Marchesane 1976
- Cronachetta inedita 1979
- L’abbazia della Vangadizza: i suoi potenti protettori, i suoi implacabili avversari 1981
- L’abbazia di Santa Maria della Vangadizza, Millenario della fondazione 1981
- Le istituzioni di Badia ottocentesca: Ospedale Civile, Teatro Sociale, Asilo
Infantile, Società Operaia di Mutuo Soccorso, Pia Casa di Ricovero 1984.
La sua riservatezza era evidente, altrettanto evidente era la sua generosità.
Preparava per i concorsi magistrali i candidati che tutt’ora testimoniano di aver superato brillantemente il concorso per l’insegnamento alla Scuola Elementare.
Un vero e proprio modello di valori, quello che Marina Guerra trasmetteva ai giovani e agli educatori.
Giancarlo Cicogna, allora curatore dei sui beni, ricorda attraverso il figlio Giorgio l’importante lascito di Marina all’Ospedale civile di Badia Polesine per l’ampliamento dei reparti allora in atto. L’ulteriore gesto di generosità si è concretizzato con il dono della sua casa al comune nel 1991, anno del suo decesso. A lei è stata dedicata una via della cittadina di Badia Polesine.  


3 a SALA
BRUNO MUNARI
Bruno Munari artista, designer, scrittore, pedagogista, inventore e sperimentatore, poliedrico ed eclettico. Munari non ha bisogno di presentazioni, è famoso in tutto il mondo. Denomina la sala dei bambini e dei preadolescenti, non a caso arredata con i mobili della “Gonzaga Arredi” titolare del marchio Montessori. Maria Montessori, infatti, è stata una pedagogista della seconda parte dell’800 che ha determinato stili didattici e influenzato il pensiero educativo. Munari nasce a Milano da Pia Cavicchioni  ed Enrico nel 1907 e muore 1998 nella stessa città. Ha trascorso a Badia Polesine l’infanzia e l’adolescenza. All’età di sei anni vi si trasferisce con i genitori che gestiscono l’albergo Sant’Antonio nel Palazzo Gradenigo, più comunemente conosciuto Degli Estensi nell’omonima via, trasformando la ex residenza di campagna dei duchi d’Este. Abbiamo raccolto alcuni suoi pensieri: “Ho vissuto una vita d’albergo, aiutando un po’ mio padre ma non mi piaceva perché era una vita senza riposo. Se non ti danno il cambio devi andare a letto alle due di notte, quando l’ultimo cliente è rientrato, e alzarti alle cinque per andare a fare le provviste. Mia madre aveva inventato una definizione, diceva che bisognava dormire in fretta.” Spesso Munari nei suoi scritti parla di Badia Polesine, del Fiume, dell’ambiente naturale, del mercato degli animali e dei rapporti umani maturati con i numerosi amici incontrati.  La creatività che accompagna l’artista in tutto il suo ricco percorso è l’elemento essenziale che caratterizza ogni suo intervento in tutti i campi dell’attività umana, non solo nell’arte. “Fin da ragazzo sono stato uno sperimentatore, anche quando mi costruivo i giocattoli o li costruivo per i miei amici, usando canne di bambù o altri materiali poveri. Sono sempre stato curioso di vedere cosa si poteva fare con una cosa, oltre a quello che si fa normalmente”.  A diciotto anni, torna a Milano dove comincia a lavorare come grafico dando inizio alla sua strabiliante carriera. Ma non dimentica gli anni passati nella nostra terra polesana, accanto al Fiume e ai suoi mulini natanti, alla piazza del mercato con i grandi lenzuoli su cui venivano rovesciati i bachi da seta in vendita. Sensibile ai giovani, rivolge la sua attenzione al mondo dell’infanzia scrivendo una serie di libri per bambini, erano gli anni ’70. Nel 1972 viene nominato “Cittadino Illustre” dall’allora sindaco Gastone Fantato per “l’arditezza delle sue produzioni e l’inesausta fantasia, ma soprattutto per il suo insegnamento”. Badia è rimasta nel cuore di Munari, tant’è che nell’aprile del 1990, su invito di Guido Mora allora presidente della Pro Loco, realizza il manifesto per la 30esima edizione della Sagra Nazionale degli Aquiloni che si svolge il 25 aprile di ogni anno.


4 a SALA
MONSIGNOR DON GUIDO STOCCO
Guido Stocco viene ricordato in varie testimonianze di persone che l’hanno conosciuto, soprattutto, per due aspetti fondamentali: l’ansia e la dedizione del sacerdote pastore d’anime e la fine sensibilità culturale. Nato ad Adria da Ennio e da Santa Peron nel 1910, primo di undici fratelli, in una famiglia povera ma ricca di dignità, s’incamminò sulla via del sacerdozio e - finiti gli studi al Seminario Vescovile di Rovigo - venne ordinato sacerdote dal Vescovo di Chioggia mons. Demetrio Maria Mezzadri che diresse temporaneamente la diocesi di Adria alla morte del Vescovo mons. Anselmo Rizzi nella chiesa di San Francesco a Rovigo il 7 luglio 1935. Ricoprì vari incarichi: Cappellano in Cattedrale ad Adria con l’arciprete mons. Filippo Pozzato, arciprete di Polesella dal 1943, arciprete di Badia Polesine dal 1949 al 1979. Ritiratosi per motivi di salute, continuò a esercitare il suo impegno sacerdotale a Fratta Polesine e a S. Antonio in Rovigo accanto al nipote don Bruno Cappato. Fu insignito del titolo di Canonico della Cattedrale prima e, in seguito, di Cameriere segreto di Sua Santità. Grande nella carità verso i poveri e i bisognosi, creò accoglienza pronta e generosa agli sfollati per l’alluvione del 1951. Seguì con sollecitudine le opere sociali di Badia Polesine e infine concluse la sua vita terrena il 27 marzo 1984 confermando la sua fede in Gesù Cristo, il suo amore alla Chiesa ed ai fedeli affidati alle sue cure. Fu un vero cultore di studi storici e autore di agili profili sull’Abbazia della Vangadizza, su San Teobaldo e su benefiche istituzioni badiesi, lavori derivati da ricerche e confronti delle fonti anche in collaborazione con la prof. Marina Guerra. Sollecitò, sempre con vigore e passione, la rinascita del complesso storico dell’Abbazia della Vangadizza. Mons. Stocco si è occupato anche della storia recente della città di Badia Polesine, stilando una quasi quotidiana cronaca di avvenimenti e di fatti che si conserva nell’archivio parrocchiale e che attende un’opportuna pubblicazione che ne salvaguardi il valore. Donò la sua personale biblioteca, preziosa e vasta, alla Biblioteca Civica di Badia che contribuì a fondare con altri illustri badiesi, insieme a ricordi personali affidati al Museo Civico. Il suo amore per la cultura e l’arte trovò un’importante azione nella Parrocchiale di Badia Polesine che volle condurre allo splendore delle sue originarie linee architettoniche e al decoro delle opere d’arte con l’impegno di artisti di vaglia come il maestro Scipione Ballardini di Verona. Questi curò le grandi vetrate istoriate della chiesa e l’apprezzato pittore veronese Giuseppe Resi realizzò luminosi affreschi e pregevoli pale d’altare. Di quest’ultimo ricordiamo, in particolare, la splendida pala dell’abside rappresentante la figura di S. Giovanni Battista al quale è intitolata la chiesa. All’opera concorse anche il badiese Mario Capuzzo per le scene della stupenda Via Crucis e la pala del Battistero. Amò la Parrocchiale tanto da farla diventare non solo luogo di spiritualità, ma anche prezioso scrigno di bellezza e di cultura.


5 a SALA
DIODATO MASSIMO
Diodato, Deodato, Adeodato il significato sta nella definizione di “Dato da Dio”. Compare nella registrazione del battesimo, nel registro arcipretale di San Giovanni Battista: “Adeodatus Massimus filius Petri et Caterina Mantovani”.  Nasce a Badia Polesine nel 1846, il padre falegname, ebanista e mobiliere lo tiene impegnato nella sua bottega, ove Diodato si scopre amante del disegno. Disegnava su carta di ogni tipo, tavole di legno e sulle pareti con evidente ispirazione artistica. Il suo impegno viene premiato dalla generosità di alcuni benefattori badiesi che lo sostengono negli studi artistici. Dopo le Elementari frequenta la Scuola di Disegno di Lendinara, successivamente la Scuola d’Arte e Mestieri di Adria, fino ad approdare all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, dove acquisì il diploma di Pittore nel 1872. “Ottenuto il diploma dell’Accademia, Massimo si sentì pronto per esordire nella professione pittorica, intraprendendo due linee espressive cui si manterrà sempre fedele: il genere del ritratto, inteso in senso più realistico e calligrafico che di maniera o d’ambiente; e composizioni religiose, modulate secondo schemi desunti dall’età rinascimentale, che diverranno motivo di vera e propria specializzazione lavorativa”. Notevole fu la sua produzione pittorica nel territorio polesano, veronese, padovano, mantovano, ferrarese, bolognese e modenese, affinando il tratto fisiognomico, il dettaglio nel decoro e nelle vesti. Il sentimento religioso di Diodato si esplicava nella realizzazione di pale d’altare e cicli di opere agiografiche. Nel 1878 sposa Erminia Bonapace, si trasferisce in Trentino dove ricopre la cattedra di Disegno alla Scuola Professionale di Rovereto e dall’unione nascono quattro figli. Dando alla luce la quarta figlia, nel 1885 Erminia morì. Segnato dai gravi lutti, il pittore sposa nell’anno successivo a Torbole sul lago di Garda Domenica Zucchelli dalla quale ha cinque figli. Nel 1886 si trasferisce ad Arco e successivamente nel 1898 a Trento. A quell’epoca il Trentino apparteneva al governo austriaco ed ebbe modo di farsi apprezzare dall’Impero Asburgico per le numerose opere di arte sacra elaborate per privati, cappelle e chiese. Particolarmente amate “Le Sacre Famiglie”, una vera e propria moda tra le famiglie benestanti. Riconosciuto e valorizzato dall’impero austriaco, dipinse una notevole mole di opere per collezioni pubbliche e private tanto da essere stato tacciato di “austrachismo”. Per le sue profonde conoscenze nell’ambito del restauro, ha restaurato più di 200 opere del Cinque, Sei e Settecento. Artista molto richiesto tra Innsbruck e Bolzano, tra il Trentino e la Pianura Padana dove lascia un segno tangibile della sua apprezzata Arte, muore a Bolzano nel 1924. Nella sala dedicata a Diodato Massimo sono esposti tre straordinari ritratti di figure nobili firmati e datati 1877, a suo tempo donati dalle nipoti Luisa ed Elena Massimo di Genova al Museo Civico A. E. Baruffaldi.  A lui è dedicata una via nella sua cittadina di origine.


6 a SALA
EUGENIO BALZAN
Eugenio Francesco Balzan nasce a Badia Polesine nel 1874, da una famiglia di agiati proprietari terrieri che perderanno tutto con le inondazioni dell’Adige del 1882. 
Tra le difficoltà economiche e un breve matrimonio da cui nascerà l’unica figlia Angela Lina, Balzan, dopo aver lavorato alcuni anni al quotidiano L’Arena di Verona, si trasferisce nel 1897 a Milano. Qui si presentò al Corriere della Sera, dove fu assunto nello stesso anno come semplice correttore di bozze, ottenne in seguito l’incarico di giornalista. Quale inviato speciale, firmò celebri reportage sulle condizioni di vita degli italiani emigrati in Canada. Compie così una rapida carriera che lo porterà al vertice del giornale.
Apprezzato per le sue doti organizzative verrà nel 1903 nominato direttore amministrativo, incarico che svolgerà per trent’anni. Braccio destro del direttore Luigi Albertini, Eugenio Balzan contribuì alla crescita economica del giornale. Il Corriere, nel periodo in cui Eugenio ne era amministratore, divenne il più diffuso tra i giornali italiani, grazie anche allo sviluppo della pubblicità.
Amministratore abile e oculato, Balzan diventa personaggio di spicco nella Milano del tempo con amici nel campo dell’editoria, della musica, dell’arte e del giornalismo.
A Milano frequenta gli ambienti artistici da cui era sempre stato attratto. Il suo grande interesse per l’arte lo porterà a formare nel tempo la preziosissima collezione di quadri della pittura italiana, ad oggi nota come la Collezione Balzan, allestita nel ridotto del Teatro Sociale a lui dedicato.
Nel 1921 Luigi Albertini cedette al fratello Alberto la direzione del quotidiano. Ma nel novembre del 1925 gli Albertini furono costretti ad abbandonare la proprietà e la guida del giornale, per le pressioni del regime fascista, a favore dei fratelli Aldo, Mario e Vittorio Crespi, che rimasero gli unici proprietari. Balzan invece restò al suo posto nel Corriere, impegnato a difendere l’indipendenza del giornale.
Dopo ripetuti attacchi di ambienti fascisti ostili, nel 1933 Balzan cedette alle pressioni e lasciò il giornale auto esiliandosi ed emigrando in Svizzera. Tra Lugano e Zurigo visse fino al 1950, anno del suo rientro ufficiale in Italia, anche se non tornò mai a ristabilirvisi. Morì improvvisamente a Lugano nel 1953. La figlia, ereditando una fortuna e interpretando la volontà del padre, creò la Fondazione Internazionale Balzan. L’importante Istituzione ha due sedi, una a Zurigo “Fondo” e l’altra a Milano “Premio”. Il Premio internazionale Balzan è considerato uno dei più importanti riconoscimenti accademico-scientifici a livello internazionale. Come ammontare economico esso è tra i primi 5 al mondo e il suo prestigio è indiscusso in ambito accademico, basti pensare che in diversi casi i vincitori del Premio Balzan hanno poi vinto il Premio Nobel. Vi invitiamo a consultare i siti della Fondazione e della Collezione Balzan, nonché la biografia scritta da Renata Broggini edita da Rizzoli.   


7 a SALA
 ARTURO ROSSI
Uomo di scuola, di cultura e di politica. Nasce a Bagnolo di Po nel 1903 in un tempo di miseria. Si distingue negli studi frequentando le Scuole Tecniche a Badia Polesine e la Scuola Normale a Rovigo conseguendo il diploma di Maestro Elementare. Nel 1925 si fidanza con Ines Baratto, poi sposandola nel 1931, alla quale rimane legato fino alla sua scomparsa nel 1977. Successivamente consegue la maturità classica e si laurea in Lettere e Filosofia all’Università di Padova nel 1930. Insegna, dapprima, come maestro elementare poi come docente di Lettere nella scuola di Avviamento Professionale Commerciale di Badia Polesine. Nel 1937 vince la cattedra di Lettere che occupa negli Istituti Tecnici di Ferrara e Verona fino al 1945. Successivamente nelle città di Rovigo, Adria e Mantova e sempre negli Istituti Tecnici Commerciale e per Geometri svolge la funzione di Preside. Conclude la carriera scolastica nel 1973 a Rovigo. Era considerato un bravo professore che aiutava i giovani in difficoltà con ripetizioni gratuite. Molto stimato e benvoluto dalla gente, aveva ottime capacità oratorie che lo mettevano in risalto nella democrazia del dopoguerra. Assiduo sostenitore della Resistenza, fu incaricato dal CLN, comitato di liberazione nazionale badiese, a svolgere le funzioni di Sindaco fino alle prime elezioni democratiche del 1946. Importante esponente del Socialismo polesano aderì, dopo la scissione del partito, al partito Socialista Democratico Italiano. Nel 1945 è stato consigliere provinciale a Rovigo per una legislatura e poi consigliere dell’Ente Delta Padano. Dal 1964 al 1979 ha rivestito l’incarico di consigliere della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Dopo tanto impegno nell’educazione e nel sociale non poteva mancare la meritata onorificenza di Commendatore rilasciata dal presidente della Repubblica Sandro Pertini alla fine degli anni ’70. Con i colleghi Marina Guerra, Ivan Tardivello e l’arciprete don Guido Stocco fondò nel 1969 la Biblioteca Civica. Desta curiosità una nota interessante: la scuola di Avviamento Professionale all’epoca era intitolata a Gian Girolamo Bronziero. Nella riforma del 1962/63 nasce la Scuola Media Unificata, in luogo della vecchia scuola media e dell’avviamento, mantenendo l’intitolazione, presente già dal 1955, all’archeologo badiese “Gherardo Ghirardini”. Il prof. Arturo Rossi è deceduto a Badia Polesine nell’agosto del 1985.


8 a SALA

GEMELLAGGIO: BADIA POLESINE - SAINT THIBAULT DES VIGNES (Francia) 

Il Soggetto comune che ha determinato il Patto che suggella amicizia e affinità di tradizioni per scopi culturali tra città di diversi Stati è San Teobaldo. Patrono di Badia Polesine nasce nella città francese di Saint Thibault Des Vignes nell’anno 1033, protettore dei carbonai e dei conciatori.
Il Gemellaggio celebrato nel 2006, ha messo in evidenza le spoglie del Santo, morto a Sossano in provincia di Vicenza il 30 giugno 1066, conservate nella Parrocchiale, mentre nell’Eglise Saint-Jean Baptiste di Saint Thibault des Vignes si conserva una sua reliquia. La seconda affinità è rappresentata dall’intitolazione a San Giovanni Battista di entrambi i luoghi di culto. Tali aspetti storico-culturali e religiosi, sostenuti da studi e ricerche, furono i presupposti per iniziare il rapporto tra i due paesi europei. In due diversi momenti, con cerimonie ufficiali in entrambe le comunità sono stati sottoscritti gli Atti del Gemellaggio firmati dai Sindaci Sinclair Vouriot e Paolo Meneghin. Da questa occasione è stato possibile costruire il rapporto di amicizia, di fraternità, di scambi culturali e religiosi. Nel corso degli anni, a sostenere l’iniziativa contribuirono l’Associazione Pro Loco e successivamente l’Associazione Amici di San Teobaldo, quest’ultima con lo scopo di contribuire alla diffusione e alla conoscenza della vita del Santo Patrono.
Tra lo scambio di doni seguito alla firma del Giuramento di fraternità, significativo quello di una “Vigna” proveniente dalla città di St. Thibault e donata a Badia Polesine affinché con la sua crescita potesse alimentare l’amicizia e la fratellanza.
Nell’adiacente parco “Ferracini”, in un piccolo rilievo costituito dai resti della demolizione della Chiesa di Santa Maria della Vangadizza, al tempo, effettuata dalla soldataglia napoleonica, è stata posta una targa recante la scritta “Colline de Saint Thibault”, per onorare il valore del Gemellaggio.
www.comune.badiapolesine.ro.it                                                        www.saintthibaultdesvignes.fr


9 a  SALA - STANZA AL PIANO TERRA
NADIR TEDESCHI
Nadir Tedeschi - WikipediaNasce a Badia Polesine l’11 agosto 1930 in via Malopera, da una famiglia di braccianti agricoli che lo hanno battezzato nella Chiesa Arcipretale di San Giovanni Battista. Ha frequentato la scuola Elementare del paese e quella triennale di Avviamento Commerciale, successivamente le scuole Tecniche Industriali “Enzo Bari” fino all’esame d’ammissione all’Istituto Industriale “Ferruccio Viola” di Rovigo. Qui nel luglio del 1950 ha conseguito il diploma di Perito Industriale.
Si è poi iscritto al 7° Corso Allievi Ufficiali ricevendo, nel 1952, il servizio di prima nomina in veste di Sottotenente al confine con la Jugoslavia. Durante quell’estate ha svolto l’ultima campagna saccarifera allo Zuccherificio di Badia, dove ha lavorato molte estati per pagarsi gli studi.
Viene assunto come operaio qualificato dall’ottobre 1952 all’aprile 1954 in una azienda di Verona e da maggio 1954 a febbraio 1971 prima come disegnatore progettista alla Olivetti di Ivrea e successivamente come tecnico alla Olivetti-Bull sulle macchine a schede perforate. Per questo si trasferisce prima a Venezia e poi definitivamente a Milano. Dal 1971 al 1976 è stato dirigente e poi presidente della SIT-Società Italiana Termoimpianti e da dicembre 1981 a gennaio 1983 come primo presidente di Lombardia Informatica.
Sposato con Elda Tardivello dal 1955 al 2018 ha avuto tre figli, Francesca, Stefano e Alessandra e tre nipoti, Alessandro, Lapo e Rachele. Suo maestro di vita e di pensiero è stato il prof. Armando Rigobello, docente universitario di Filosofia a Roma, anche lui badiese.
Ha dedicato la sua vita a una lunga militanza politica. Componente della sinistra democristiana, collaboratore stretto di Vittorino Colombo, fu eletto alla Camera dei Deputati già nel 1976 divenendo correlatore della Legge Istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Nel periodo d’impegno come deputato, ha svolto attività legislativa nella veste di relatore e correlatore delle Leggi di formazione professionale e promotore della Legge sul part-time. Come membro, ha fatto parte di numerose commissioni parlamentari: Lavoro, Industria, Difesa e vicepresidente della Bicamerale per le Partecipazioni Statali. Dirigente della Democrazia Cristiana provinciale e nazionale, è stato segretario dello stesso partito a Milano. Rieletto deputato nel 1983, è rimasto alla Camera fino al 1987.
Terminato l’impegno parlamentare, Nadir Tedeschi ha proseguito la sua attività sul territorio, sia come consigliere comunale di Trezzano sul Naviglio, comune alle porte di Milano eletto a patria adottiva, sia sul fronte della formazione professionale, con diversi incarichi amministrativi. È stato, infatti, a lungo presidente del CEIIL, Centro Europeo Informazione Informatica e Lavoro, della Fondazione Clerici e infine della Fondazione La Vele. Incarico quest’ultimo lasciato soltanto nel giugno del 2021. Ha, inoltre, ricoperto il ruolo di presidente della Casa di Cura Ambrosiana nell’ambito dell’Istituto Sacra Famiglia, per il quale ha rivestito la carica di consigliere per vent’anni.
Vittima di un’aggressione terroristica, il 1° aprile 1980 è stato gambizzato dalle Brigate Rosse della Colonna Walter Alasia, durante un’incursione nella sede della Democrazia Cristiana in Via Mottarone 5, a Milano. In quell’ occasione sono state ferite altre tre persone.
Medaglia d'oro come vittima del terrorismo, consegnata a Milano dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 9 maggio 2010, ha pubblicato il libro "Dialogo sull'Italia degli anni di piombo -Intervista sul terrorismo-". Nadir viene ricordato dallo stesso Presidente anche durante l’intervento, in occasione del Giorno della Memoria, il 9 maggio 2011.
Ha pubblicato una decina di volumi di memorie legate alla propria terra di origine, diversi libri di poesie, oltre a pubblicazioni letterarie, sociali e di genere informatico. 
Deceduto il 9 agosto del 2021 a Trezzano sul Naviglio è sepolto nella cappella di famiglia nel nuovo cimitero di Badia Polesine, dove già riposava la moglie.


10 a SALA - STANZA AL PIANO TERRA
CAMILLO CORRAIN
Straordinaria figura d’intellettuale, sensibile educatore, amante della storia locale, ha dedicato molto del suo tempo allo studio del sito dell’Abbazia della Vangadizza. Nato nel 1936 a Badia Polesine da Aleardo e Canziana Parisato, Camillo vive i momenti drammatici del conflitto, tanto da ricordarli frequentemente nei suoi racconti. Ha frequentato il Liceo Scientifico e si è laureato alla facoltà di Geologia all’università di Padova nel 1960. Fin da subito inizia la carriera di docente alla Scuola di Avviamento Commerciale che, allora era intitolata a Gian Girolamo Bronziero. Nel ’63 sposa Lina Baroni dalla quale ha tre figli cui vengono attribuiti i nomi degli arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaella. Appassionato ricercatore in ambito geologico e naturalistico, nonché storico, partecipa ad alcune campagne di ricerca archeologica sul Gargano. Continua nella sua passione compiendo studi a carattere etnografico. Dopo qualche anno d’insegnamento alla scuola media inferiore si trasferisce all’Istituto Tecnico per Geometri a Rovigo rimanendovi per alcuni anni. Nel 1966 ritorna alla scuola media di Stanghella (Pd) fino alla nomina di Preside. In questa veste, attento alla formazione culturale degli adulti, ha istituito i corsi serali allora conosciuti come Cracis. Nel quinquennio 1985-90, Corrain viene incaricato dall’Irrsae del Veneto per la progettazione di corsi di formazione e aggiornamento rivolti ai docenti delle scuole di II grado. Termina la sua carriera scolastica seguendo il percorso di fusione dei tre livelli di scolarità con l’istituzione dell’Istituto Comprensivo. Parallelamente alla sua professione ha condotto numerosi studi di ricerca sul territorio padano, producendo molte pubblicazioni. Nel 1970 Camillo Corrain, Giovanni Beggio e Guido Mora fondano il Sodalizio Vangadiciense. Il conte Michel De Rostolan, proprietario del monastero, è nominato presidente onorario. Da quel momento l’attività di ricerca e approfondimenti storici sui documenti dell’archivio appartenenti al sito abbaziale si intensificano, tant’è che le pubblicazioni si susseguono numerose. Ricordiamo la Collana Wangadicia giunta al decimo volume e il periodico L’Adese. Corrain se n’è andato l’11 marzo del 2017 lasciando il ricordo dell’uomo dedito alle attività culturali. E ancora, ricordandolo quale attento formatore all’educazione delle generazioni in ambito scolastico, senza mai trascurare quella famiglia cui tanto teneva e in cui si evidenziava la figura del padre e del nonno premuroso. Fondamentale è stato il ruolo della moglie che l’ha accompagnato, consigliato, confortato e assistito nei sui molteplici interessi. 

ANDRONE DELLA BIBLIOTECA
DON ANTONIO SPAGNOLO
 
Antonio Teobaldo Spagnolo nasce a Badia Polesine nel 1863 da una famiglia povera. All’età di undici anni viene accolto all’Istituto Religioso “Mazza” fondato da don Nicola Mazza nel 1828 e tutt’ora attivo. La finalità è di promuovere la cultura, il rispetto per la vita, il sostegno ai bisognosi e la valorizzazione dei talenti. Dopo gli studi medi frequentò il corso di Teologia al Seminario di Verona divenendo prete. Appassionato di studi storici, ben presto entrò alla Biblioteca Capitolare di Verona. Nel 1894 fu nominato Prefetto della Capitolare e l’anno successivo ricevette l’incarico di Rettore supplente dell’Istituto Maschile “Don Mazza”. Incarico che assolve con energia e costanza, pur rinunciando al titolo di Rettore per riguardo ai sacerdoti anziani che aveva sostituito. Don Spagnolo, nel suo percorso di ricerca, diventò un erudito, un esperto conoscitore, interprete e trascrittore di codici anteriori all’anno 1000, nonché uno studioso acuto e apprezzato di problemi storici e liturgici. La sua dedizione lo indirizzò nella paleografia scientifica e lo rese un esperto. Scrisse molto delle calligrafie, abbreviazioni e tachigrafie dei codici antichi, verificando scientificamente la consistenza di una scuola scrittoria veronese. Cinquantaquattro sono le pubblicazioni dello Spagnolo di argomento: paleografico, storico e storico-liturgico. Interessante il catalogo descrittivo dei Manoscritti Capitolari. La sua maggiore opera è il “Gai codex rescriptus… phototypice expressus” pubblicato da Lipsiae, KW Hiersemann, 1909.
-“Don spagnolo era un uomo meraviglioso!” –così lo ricorda nei suoi scritti il professor Cuthbert Hamilton Turner, docente dell’Università di Oxford.
Membro dell’Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, socio corrispondente dell’Istituto Archeologico Germanico e della Deputazione veneta di storia patria, membro della Commissione per i monumenti della provincia di Verona, fu insignito del titolo di Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro. Con tali titoli si apprestò ad insegnare Italiano, Latino e Storia al Seminario di Verona, nel periodo in cui molti prelati erano stati chiamati al ruolo di militari in guerra.
“Scrittori, ricercatori, giornalisti, dotti protestanti e anglicani parlano di lui con altissima stima e affettuosa riconoscenza.  Il 31 luglio del 1916 i giornali veronesi, accanto alle notizie di guerra celebrano il lutto cittadino: la morte di don Antonio Spagnolo!”
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